L’assessore regionale alla Sanità sul nuovo modello organizzativo della medicina di base: «Verosimilmente operativo in primavera»
Federico Riboldi, assessore regionale alla Sanità: ieri il Corriere Torino ha scritto sulle Aft, le aggregazioni funzionali territoriali che cambieranno il modello organizzativo della medicina di base. Dovrebbero partire il primo gennaio 2025 ma le Asl, cui spetta il compito di organizzare la nuova macchina, non hanno ancora iniziato a lavorarci.
«Ho fatto partire una circolare molto chiara ed esplicativa dove diamo mandato alle Aziende di eseguire le procedure entro il 31 dicembre e penso che ci siano tutti i tempi per arrivare a fine anno con una finalizzazione degli obiettivi».
Ma l’accordo risale allo scorso maggio, c’era tempo per lavorarci con calma.
«Di Aft si parla dal 2012 e dopo un ventennio finalmente siamo al buono. Non è poco».
Se ne occuperanno gli attuali direttori generali, in scadenza, o i nuovi? Le nomine sono previste per il 15 dicembre.
«Sono le direzioni generali a occuparsene ma, vista la scadenza imminente che ha citato, ritengo sia accettabile uno slittamento organizzativo di un paio di settimane. Non oltre però».
A proposito di nomine: sono previsti scossoni?
«Ci sarà qualche novità, certamente. E anche qualche arrivo da fuori. Ma non parlerei di scossoni».
Lei è soddisfatto dell’attuale capacità di risposta di Asl e Aou?
«In questi mesi ho fatto delle richieste esplicite e mi aspetto risposte certe, in tempi brevi».
I temi sono molti. Per esempio, la pubblicazione dei codici in attesa in ogni pronto soccorso. Un progetto che risale a prima della sua nomina ma che, oggi, di fatto, ancora non esiste.
«Abbiamo creato una commissione apposita per l’emergenza-urgenza che, in 90 giorni, deve dare a tutti i pronto soccorso la stessa capacità di accoglienza, gli schermi, e un prospetto online per delineare i tempi di attesa».
E se non lo fanno?
«Ho una grande fortuna: a breve potrò scegliere personalmente chi sarà alla guida delle Aziende Regionali. Decisione legata anche al grado di collaborazione dimostrato fino a ora dai vertici».
Tornando alla medicina di base: come faranno i professionisti a condividere con i colleghi i fascicoli sanitari dei pazienti visto il divario informatico attuale?
«Già, ne abbiamo parlato pochi giorni fa, a un convegno organizzato da Rimeg, che si occupa di ricerca e innovazione in medicina generale. Faremo un bando specifico tramite Azienda Zero».
Per capire, quindi: la ricaduta delle Aft sui cittadini — che poi significa fascicoli sanitari condivisibili tra studi medici diversi, e studi accessibili 7 giorni su 7 tutto il giorno — quando saranno realtà?
«È verosimile pensare in la primavera».
Assessore, mentre parliamo emerge un dato valido in tutti gli ospedali torinesi che pubblicano in tempo reale le accettazioni in pronto soccorso, ovvero Cto, Molinette, Regina Margherita, Sant’Anna e Mauriziano. Ben più della metà dei cittadini in corsia, ha un codice che va dall’azzurro al bianco.
«Ha centrato il punto da cui dipende un’importante rivoluzione. Che intendiamo portare avanti, e che non si può più rimandare».
Ovvero?
«Mai più codici verdi e bianchi in pronto soccorso. Con una sanità territoriale organizzata, non ha senso che queste persone arrivino in pronto soccorso. E la battaglia su liste d’attesa e code la vinciamo solo integrando lungodegenza, acuti, post acuti e territorio, senza sovrapporre le esigenze».
Sì, ma come si fa? Nuovi medici e infermieri sembrano introvabili, almeno nel pubblico. Solo in Piemonte servirebbero rispettivamente almeno 400 medici di medicina generale in più e altri due pediatri ogni tre già in servizio. Senza contare le carenze in corsia…
«Infatti, ho dato mandato ad Azienda Zero di creare un team per approvvigionare medici e infermieri provenienti da Paesi Italofoni come Brasile, Argentina e Albania e che, insieme al bando nazionale sugli infermieri indiani, potrà darci una grossa mano».
E il personale già assunto, che ha scioperato poco più di una settimana fa perché, tra le altre cose, è il meno pagato d’Europa?
«È un tema che pongo sovente, anche come coordinatore Salute della Conferenza delle Regioni; è un tema di risorse. Considerato il loro grande impegno e la capacità che il comparto sanitario dimostra nella nostra nazione, spesso con Fondi insufficienti e in strutture antiquate, ritengo assolutamente che la retribuzione debba essere migliorata».
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